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Attualità lunedì 25 settembre 2017 ore 10:28

Agguato in carcere fra detenuti albanesi

L'ingresso del carcere di Porto Azzurro

Un recluso colpito alla gola da alcuni connazionali all'interno di Forte San Giacomo. Il sindacato: "detenuti stranieri pericolosi, non si integrano"



PORTO AZZURRO — Domenica di sangue nel carcere toscano di Porto Azzurro. La segnalazione, insieme alla ricostruzione dei  fatti accaduti arriva da Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE.

“Ieri, verso le 15 - ci racconta Capece -  un detenuto di etnia albanese, ristretto nel reparto penale denominato I e II, il più capiente dell’istituto con un regime detentivo aperto (con i detenuti fuori dalle celle) dalle ore 8 alle ore 19, è stato oggetto di un agguato da parte di altri detenuti, suoi connazionali. Con un’azione mirata e fulminea, è stato immobilizzato e gli sono stati sferrati alcuni colpi al collo con un oggetto accuminato, provocandogli alcune ferite fortunatamente non gravi. Il tempestivo intervento dei poliziotti, che hanno immediatamente individuato i responsabili, ha permesso di scongiurare più gravi conseguenze e, nell’immediato, ha salvato la vita al detenuto aggredito. Come il SAPPE ha più volte ribadito - aggiunge Donato Capece -  nell’istituto elbano continuano a pervenire dagli altri istituti della Toscana soggetti extracomunitari con problematiche psicologiche e tossicologiche gravi, ma anche altri, con pene brevi, che si sono resi responsabili di atti gravi all’interno delle carceri di provenienza e che non si integrano nella realtà elbana, considerata la sua peculiarità a Casa di Reclusione, non idonea al contenimento di tali soggetti”.

Il SAPPE torna a chiedere “un intervento risolutorio da parte dell’Amministrazione penitenziaria centrale e regionale affinchè allontani immediatamente dall’istituto tutti i soggetti che si sono resi responsabili recentemente di gravi atti destabilizzanti, ma sollecitiamo ancora una volta una attenta valutazione dei ristretti prima del loro invio presso tale istituto”.

Capece è netto nella denuncia: “Il sistema delle carceri non regge più, è farraginoso. I vertici dell’Amministrazione Penitenziaria e del Ministero della Giustizia hanno smantellato le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali. E al Corpo di Polizia Penitenziaria servono almeno ottomila nuove unità per fronteggiare la costante emergenza carceri, che vede oggi in Italia il nuovo numero record di oltre 57mila 300 detenuti, con celle sovraffollate e tensione ‘a mille’ (come dimostra l’ennesimo grave fatto accaduto nel carcere di Porto Azzurro) a tutto discapito del lavoro dei poliziotti penitenziari”.

Il leader nazionale del SAPPE denuncia, infine, il ciclico ripetersi di eventi critici in carcere che vede coinvolti detenuti stranieri. “E' sintomatico - spiega - che negli ultimi dieci anni ci sia stata un'impennata dei detenuti stranieri nelle carceri italiane, che da una percentuale media del 15% negli anni '90 sono passati oggi ad essere quasi 20mila. Fare scontare agli immigrati condannati da un tribunale italiano con una sentenza irrevocabile la pena nelle carceri dei Paesi d'origine può anche essere un forte deterrente nei confronti degli stranieri che delinquono in Italia. Il dato oggettivo è però un altro: le espulsioni di detenuti stranieri dall’Italia sono state fino ad oggi assai contenute, oserei dire impercettibili. E crediamo si debba iniziare a ragionare di riaprire le carceri dismesse, come l’Asinara e Pianosa, dove contenere quei ristretti che si rendono protagonisti di gravi eventi critici durante la detenzione”


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