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Attualità giovedì 22 gennaio 2015 ore 19:35

"Il paesaggio è il volto del territorio"

Alessandro Corretti del laboratorio di Scienze dell'Antichità della Normale anticipa l'intervento che terrà all'incontro sul Piano del paesaggio



PORTOFERRAIO — Di solito nessun chirurgo plastico accoglie a cuor leggero l’invito del paziente che, magari dichiarandosi disposto a spendere qualsiasi cifra, gli chiede di intervenire radicalmente e adeguare il proprio volto all’estetica di moda. Perché questo avvio parlando di una disciplina che evidentemente non conosco (sono tecnico archeologo)? 

Perché, a mio parere, anche quando discutiamo di paesaggio (come faremo il 24 a Portoferraio) dovremmo fare simili riflessioni. Il paesaggio è infatti il volto di un territorio; è il modo in cui esso si rende percepibile, il tramite per comunicare una sua identità, la sua storia, anche la sua personalità, per così dire. Un territorio senza paesaggio è come un uomo senza volto. Inguardabile, inquietante. Senza storia. 

E come anche il volto più sfigurato serba memoria del suo primo aspetto, che può pazientemente ricostruirsi con scienza ed arte, così il paesaggio più degradato, straziato e cementificato può essere recuperato per ridare al suo territorio un volto con cui presentarsi al mondo. Ma queste, si dirà, sono solo vuote parole. Di cosa si tratta, in concreto? 

Prova a dircelo proprio il Piano paesaggistico di cui la Regione Toscana si è recentemente dotata. Il Piano ha voluto identificare 20 ambiti paesaggistici in cui si articola il territorio toscano, di ognuno dei quali rintraccia gli elementi costitutivi dal punto di vista naturalistico, storico, insediativo, descrivendo inoltre le azioni da porre in atto o da scongiurare. E qui sorge il timore delle comunità, che si sentono talora ‘espropriate’ da un intervento centrale che vorrebbe sostituirsi ad esse nella gestione del ‘loro’ territorio. Ma non è questa l’intenzione con cui è stato redatto il Piano. 

Lo scopo è piuttosto quello di coinvolgere tutti gli attori – Enti locali e di tutela, imprese, privati cittadini – in una gestione del territorio che in tutte le sue fasi e attività tenga presenti le peculiarità del paesaggio in cui operano. Certamente, è difficile pensare che il consumo del suolo possa procedere con i ritmi degli ultimi decenni. E non si può non vedere che pure è mutata la sensibilità della società civile, quella che anche attraverso associazioni e volontariato crea nuove e promettenti esperienze di promozione e valorizzazione territoriale (si pensi all’attività di Italia Nostra nell’Arcipelago Toscano, ad esempio: e non è la sola). 

Una società civile che, anche nella veste di turista, apprezza in misura sempre maggiore offerte naturalistiche, storiche e culturali integrate e di livello. Capire, accettare e salvaguardare il proprio paesaggio significa così maturare una propria identità a livello di comunità locale, e avviare un circolo virtuoso che promuovendo la qualità della vita e la cura della bellezza genera benessere sociale e anche ritorni economici (fatto, quest’ultimo, da cui sembra non si possa mai prescindere). 

Un piano, quindi, non per proibire ma per progettare sempre in armonia con quella che è l’essenza di un luogo. Mobilità lenta per moltiplicare le occasioni di percezione e ridurre l’impatto antropico; recupero di colture storiche radicate nelle comunità locali; promozione di imprenditoria legata alla gestione e valorizzazione del paesaggio: queste ed altre le proposte che scaturiscono dalla lettura del Piano. Perché possiamo un giorno rispecchiarci nel nostro paesaggio come nel volto che ci è più caro".


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